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Il monastero delle suore benedettine, anticamente intitolato a Santa Bibiana, ha origini antichissime. Il suo attuale nome potrebbe derivare dal primitivo cenobio benedettino maschile di San Pietro, situato in prossimità del lago di Bolsena e documentato a Montefiascone nell’anno 852. I benedettini, giunti in città durante il periodo delle invasioni barbariche che seguirono la caduta dell’Impero Romano, dimorarono, oltre che in San Pietro, anche presso i cenobi di San Pancrazio e di San Simeone.
Info: Monastero delle Monache Benedettine di San Pietro – Tel. 0766/826066 – mail: benedettine.mf@libero.it
Vedi anche: Chiesa di San Pietro
MONASTERO DELLE MONACHE BENEDETTINE DI SAN PIETRO
LA STORIA
Il monastero delle suore benedettine, anticamente intitolato a Santa Bibiana, ha origini antichissime. Il suo attuale nome potrebbe derivare dal primitivo cenobio benedettino maschile di San Pietro, situato in prossimità del lago di Bolsena e documentato a Montefiascone nell’anno 852. I benedettini, giunti in città durante il periodo delle invasioni barbariche che seguirono la caduta dell’Impero Romano, dimorarono, oltre che in San Pietro, anche presso i cenobi di San Pancrazio e di San Simeone. Ricostruire le vicende delle origini del monastero delle suore benedettine è cosa assai ardua, in quanto le varie irruzioni dei Goti e dei Vandali e l’incendio dell’archivio del monastero, avvenuto agli inizi del Seicento, hanno causato la perdita di preziosi documenti. Le strutture murarie e architettoniche della costruzione monastica, nonché il salone, il piano terra e il primo piano, attestano l’antichità della costruzione. Durante il XVII secolo l’intero complesso venne interessato da significativi lavori di risistemazione: nel 1652 venne eretta la farmacia a servizio dell’intera città e una grande ristrutturazione interessò tutto lo stabile nel decennio 1671-1681. Altre misure, volte a sottrarre le Benedettine da quella miseria spirituale e materiale in cui versavano, verranno adottate dal cardinale Barbarigo, vescovo di Montefiascone, con i decreti della visita del 1688. Nel 1719 le monache decisero di far costruire il nuovo coro e la volta della chiesa, che venne interamente risistemata e dotata di tre nuovi altari in stucco. Il campanile venne invece restaurato nel 1752. In cima sono poste quattro campane: quella di San Pietro risale al 1301 e venne fusa da un certo Matteo da Viterbo, la seconda è dedicata a Santa Scolastica, la terza, detta Bibianella è del 1829, l’ultima, dedicata a San Benedetto, venne fusa dal fonditore viterbese Luigi Belli nel 1830. Nel 1810 le Benedettine, che nel frattempo avevano abbracciato la vita comune (1802), furono costrette dal governo Bonaparte ad abbandonare il monastero. Cinque anni dopo le religiose ne ripresero il possesso, ma nel 1870 il nuovo Stato italiano confiscò l’intero complesso che, messo all’asta nel 1905, venne riacquistato dalle monache stesse. Nel 1944 il monastero ottenne l’autonomia giuridica, che di fatto fu decisiva per il decollo della scuola, nonostante i disagi provocati dalla Seconda Guerra Mondiale. In questo monastero, circa 300 anni fa, visse la montefiasconese madre Maria Cecilia Baij (1694-1766), una delle più importanti mistiche del XVIII secolo.
DESCRIZIONE
Le forme attuali del Monastero delle Benedettine di San Pietro si devono ai lavori intrapresi in età rinascimentale e proseguiti nei secoli successivi, tuttavia si conservano ancora delle parti della primitiva struttura in alcuni ambienti, oggi adibiti a cantine e autorimessa, che si trovano nel piano seminterrato, testimonianza dell’antica origine medievale del monastero. La peculiarità di questi vani è costituita dalla presenza di robusti archi-diaframma che, emergendo dalle pareti, o da pilastri ad esse addossati, sorreggono il soffitto ligneo, per altro molto risarcito e in gran parte sostituito. La tipologia di questi sostegni li accomuna a quelli che, a Montefiascone, scandiscono i saloni della Rocca Papale e gli ambienti dell’ala settentrionale dell’ex convento degli eremitani di S. Agostino. L’utilizzo degli archi a tutto sesto come sostegno della copertura dei vani risponde a un sistema molto diffuso nella architettura sia religiosa, che civile viterbese, a partire dalla seconda metà del XIII secolo. Archi a sesto acuto ricorrono, ad esempio, nella navata della chiesa di San Francesco, possenti archi a pieno centro si trovano nei sotterranei e nel salone intermedio del Palazzo Papale, nella struttura sottostante la Loggia della Morte, nei locali dell’Ospedale della Domus Dei, o anche nelle sale, oggi occupate dal Museo Civico, un tempo ambienti del Monastero di Santa Maria della Verità. L’uso dell’arco diaframma, come elemento strutturale per reggere coperture a tetto, si diffonde soprattutto ad opera dei monaci cistercensi. Nell’area viterbese il centro di irradiazione di questo e di altri modelli fu l’Abbazia di San Martino al Cimino che, insieme ai vari altri nuclei di insediamento cistercense, ebbe un ruolo fondamentale nel programma di politica territoriale, svolto da papa Innocenzo III. Gli ambienti del piano seminterrato del monastero benedettino di Montefiascone partecipano a questa diffusa tipologia, suggerendo così una loro collocazione cronologica all’interno del XIV secolo. Al pianterreno si trova il “Comunichino” che, certamente, è la parte più antica del piano sul quale si sviluppa l’attuale complesso monastico. Questo spazio era collegato con la chiesa esterna attraverso una grata in ferro tramite la quale le monache di clausura potevano assistere alla messa. Un’altra apertura simile, ma di dimensioni minori, permetteva loro di confessarsi e comunicarsi. Da qui il termine “Comunichino” per indicare questo luogo. E’ difficile individuarne l’originaria funzione anche a causa della scarsità di notizie riguardanti il convento nei secoli precedenti. Si può tuttavia ipotizzare, data la natura dei soggetti affrescati, che le pareti fossero parti della primitiva chiesa oppure di un piccolo oratorio utilizzato dalla comunità religiosa. L’antica struttura fu poi modificata e inglobata nelle nuove costruzioni, realizzate a partire dalla seconda metà del XV secolo. A questo periodo risale, probabilmente, anche lo spazio antistante il “Comunichino” come indica lo stile rinascimentale degli elementi scolpiti che lo caratterizzano, quali i peducci che ne sostengono le crociere e le chiavi di volta.
BIBLIOGRAFIA
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